I Queen of Saba hanno da poco pubblicato “Medusa” il loro secondo album, un atto politico, un rito danzante contro il patriarcato, un inno alla libertà del proprio corpo. Un album che picchia come una manganellata, perché ci siamo stancati tutti di fare i bravi.
Tornano sulle pagine web di Toh! i Queen of Saba, precedentemente intervistati in un percorso a metà tra il primo album “Fatamorgana” e l’uscita del singolo manifesto “Lingua in Fiamme”, ode electropop al connilingus e preambolo al nuovo album “Medusa” (La colletta dischi) uscito lo scorso ottobre.
Mentre il loro esordio fu un melting pot di sonorità elettroniche, pop, funky, soul e indie, contraddistinte da un’attitudine smaccatamente queer, il nuovo “Medusa” vira più verso sonorità da club, una rivolta danzante contro tutto il marcio della società che non ci vuole liberi, ma anzi prova anche a toglierci il poco che siamo riusciti a conquistarci, nuocendo alla nostra sanità mentale.
Non credo sia un caso se “CAGNE VERE feat. BigMama” è stato scelto come suo biglietto da visita: “Gua-gua tu guardaci, siamo tutti i tuoi incubi, cagne vere con il pedigree, frocie dure con i peli free!” canta Sara in un ritmo danzante con un ritornello urlato al megafono, che suona come uno slogan di quelli che non puoi ignorare se hai le orecchie, ma che anzi, ti fa scendere in strada.
Il pezzo che apre il disco “Principe Regina” ci spalanca le porte di un mondo dove il non identificarsi è una qualità: “Mi piace ballare tra i generi senza dovermi mai chiedere chi sono. Apro le mani mi abbandono, segui anche tu questo suono nuovo. La voce mi diventa bassa, senti che tira ‘sta cassa. Baciami non mi interessa, sono il principe e la principessa”.
Una celebrazione non-binary, della mind health, della transitudine, in un mondo verde fluo che ti sbatte in faccia il suo essere “contro natura”.
“Medusa” è una rappresentazione irrequieta di ciò che viene considerato ingiustamente sbagliato e quindi va combattuto con una mostruosità dai capelli a serpente, è uno sfogo, una provocazione, ma anche una rivendicazione di ciò che ci spetta.
“Medusa” è l’evoluzione di “Fatamorgana” ma è meno gentile, è rivoluzionario, è arrabbiato, è gender fluid e i suoi creatori Sara che è non binary e Lorenzo, sanno farti sentire come in una famiglia pronta ad accoglierti senza pregiudizi.
Tra poco partiranno per un live, che vi consigliamo di andare a vedere perché è sul palco che comincia la rivoluzione queer. Abbiamo fatto due chiacchiere e con Sara e Lorenzo:
Ciao ragazzi come state? Sono due anni che non ci facciamo una chiacchiera!
Sara: Bene! In effetti sono passati due anni in cui abbiamo suonato tantissimo in giro, proprio qualche giorno fa cercavamo di contarli e sono stati tipo 100 e in situazioni molto diverse tra di loro, dall’Eurovision Village al Campeggio in Puglia.
Nel mentre tu Sara ti sei anche trasferito dal Veneto a Torino giusto?
Esatto e proprio a Torino abbiamo conosciuto delle persone fondamentali per questo disco come il produttore Ale Bavo, The Goodness Factory e Daniele Citriniti che ci stanno seguendo in questo momento, diciamo che abbiamo costruito un team fidato.
Abbiamo delineato meglio quale percorso intraprendere e il perché lo vogliamo fare ma senza grandi aspettative o carichi di stress ma vivendo a seconda delle nostre energie consapevoli della circolarità, perché tutta l’energia che ci metti poi ritorna.
Negli ultimi due anni abbiamo raccolto tanto e seminato altrettanto, “Medusa” è figlio dei ritorni dai concerti in macchina provando canzoni nuove, di tante sessioni in studio e dall’esperienza live.
Lorenzo: Ci tengo a dire che nonostante siano canzoni nate in contesti diversi abbiamo cercato di dare un’uniformità al disco, c’è stata l’intenzione di usare alcuni suoni in più canzoni o delle tecniche compositive in più canzoni come i cori in “Piccola Inutile” e “Rave in the Casba” per esempio. L’intenzione era quella di fare un disco omogeneo nonostante i pezzi spaziano tra i generi.
Sin dagli inizi siete schierati a favore della comunità LGBTQI+ e in questo lavoro spingete ancora di più sull’acceleratore, è un album incazzato come è giusto che sia in questo periodo storico, non credo sia un caso che in apertura ci sia “Principe Regina” seguita da “CAGNE VERE” gettano subito le basi del lavoro, come dire: se siete capitati qui per sbaglio ecco dove siete… e’ stata una necessità?
Sara: Esattamente! Te ne rendi conto nei primi 10 minuti! E’ stata anche una necessità ma dal punto di vista personale e professionale perchè alla fine abbiamo sempre espresso chi siamo e i nostri ideali e i nostri valori attraverso la musica.
I testi sono un manifesto del mio pensiero e anche un riflesso della mia vita negli ultimi due anni che ha preso una piega di attivismo, che ho sempre fatto anche attraverso la musica, ho sempre fatto è parte di organizzazioni però ma mi trovavo spesso in situazioni scomode a lato dell’azione, perché ho sempre trovato difficile integrarmi totalmente in un movimento e diventare parte del meccanismo. Per me fare un concerto è fare attivismo.
Ora che vivo a Torino però ho conosciuto diverse persone anche appartenenti al movimento No Tav e ho fatto cose che da piccolo non avevo il coraggio di fare come andare in Val di Susa a prendermi i lacrimogeni. Sono cose che però mi hanno formato, ad esempio sono sempre andato ai Pride ma ora che sono cresciuto ho imparato la differenza tra Pride istituzionale e non, o dove voglio che la mia voce sia ascoltata.
Tutto questo si riflette molto nell’album, penso di aver eliminato anche alcuni strati di senso d’inadeguatezza, sono sempre stato uno che aveva le idee chiare e non aveva problemi a esprimerle ma vivevo un po’ la sindrome dell’impostore perché non mi sentivo un’attivista sul campo. Ma poi ho capito che nel momento in cui sono sul palco e dico delle cose è il mio modo di fare attivismo e mi sto esponendo al 100% e mi fa star bene farlo.
La musica in questo periodo deve essere politica, se te ne freghi considerata anche la piattaforma che hai a disposizione e le persone che ti permette di raggiungere, allora stai sbagliando. Come fai a non esporti, io non potrei fare altrimenti.
Oltre all’aspetto riot vedo anche una vulnerabilità inedita o sbaglio?
Sara: E’ vero, “Medusa” è vulnerabile. Certe canzoni hanno un livello di vulnerabilità che prima non c’era. Però è anche sperimentale perché ci sono cose che noi non abbiamo mai fatto prima. Abbiamo sperimentato con tutti i mezzi che avevamo.
Di sicuro è qualcosa di nuovo per quanto riguarda quello che c’è stato fino ad adesso nei Queen of Saba. Prendi “Piccola inutile”, che è la canzone più delicata all’interno dell’album, è entrata quasi un po’ di soppiatto, sbloccando un livello di vulnerabilità prima assente.
Rispetto al disco precedente ho lavorato un sacco ai testi, alcuni sono rimasti così come son stati scritti sulla carta, come “Piccola Inutile” che ho scritto a febbraio 2021 su un foglietto di merda, prima a penna e poi a matita perché la penna si era scaricata.
Però doveva rimanere vergine come era nata nella mia testa o non avrebbe più rappresentato come stavo in quel momento.
Lorenzo: Purtroppo non abbiamo mai provato l’esperienza di chiuderci in uno studio per un mese a scrivere pezzi, anche perché non abbiamo i soldi per farlo! L’istinto e la semplicità giocano un ruolo importante, il missaggio poi è fondamentale.
Penso che i pezzi su cui abbiamo rimuginato più sopra sono “Rave in the Casba” e “Come mi vuoi tu” (canzone presente solo sul vinile ndg) ma perché abbiamo lavorato alla produzione con Bavo. Noi siamo più cazzoni!
Prendi “Pesca Noche” ad esempio, l’ho scritta una mattina in hangover, abbiamo passato la sera con Ganoona a scrivere il pezzo perchè la mattina dovevamo entrare in studio a registrare ma ci fece fumare una canna devastante che nessuno riuscì a fare nulla. Mi sono svegliato con il senso di colpa e l’ho scritta al volo e quello che sentite è quello che ho scritto mentre tutti dormivano!
Willie Peyote come lo avete agganciato?
Ci ha scritto dopo averci visto dal vivo facendoci i complimenti e quindi si è aperto un canale di comunicazione che abbiamo subito utilizzato!
Quando abbiamo scritto “ACAB” ovviamente non avevamo in mente lui anche perché non ambivamo a tanto ma invece quando glielo abbiamo proposto è stato subito carino e disponibile.
Siamo usciti a pranzo perché voleva sapere bene di cosa parlava la canzone e con la sua strofa è entrato proprio nel pezzo con il mood giusto perché ha capito cosa volevamo, tanto che sembra quasi scritto insieme.
Chiudiamo con una cosa che solitamente si chiede sempre all’inizio: perché avete intitolato il disco “Medusa”?
Sara: Un po’ perché ci piaceva questa cosa che il nostro primo album si chiamava “Fatamorgana” così come il pezzo che lo apre, mentre “Medusa” oltre ad essere il titolo del disco è anche quello che lo chiude, quindi una sorta di cerchio che si va a completare.
Salvatore: Quindi è stato bello ma la nostra carriera finisce qui! AHAHAHAHAHAH!
Sara: No, prima dev’esserci un mezzo, mi batterò per questo! AHAHAHAH! Comunque ci piaceva anche continuare il filo conduttore di una figura femminile mitologica anche vista come cattiva della storia. Si ricollega anche al nome Queen of Saba che non sono io e non è Lorenzo ma siamo una cosa sola come Medusa con i suoi serpenti.
“Medusa” è l’espressione del non conforme, del mostruoso che è dentro di noi.
L’ultimo album di cui vi siete innamorati:
Sara: Per stare bene ascolto sempre i Jungle e guardo i loro video, mi trasmettono proprio una bella energia.
Lorenzo: Io ascolto tantissimo i Bomba Estereo, e poi vorrei tornasse di moda il raggae.
PRODUCTION & WORDS: Marco Cresci
PHOTO: SIMON & Creative partner Simona Pavan
STYLIST: Alex Vaccani
STYLIST’S ASSISTANT: Sofia Motta
ALL CLOTHES: OBEY
GRAPHIC COVER: Didier Falzone